4. L’opera e la politica
Sull'ali dorate - Un pódcast de Corriere della Sera
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Il deforme buffone di corte che si ribella all’arroganza e agli eccessi del Duca di Mantova nell’esercizio del potere sulla vita dei membri della sua corte nel Rigoletto di Verdi. Il conte d’Almaviva che nel Barbiere di Siviglia di Rossini, travestito da soldato e ubriaco, evita l’arresto dichiarando la sua identità con il più tipico dei «Lei non sa chi sono io!» (tanto che il capo dei gendarmi si inchina) e poi sposa Rosina obbligando Don Basilio a far da testimone sotto la minaccia di una pistola. Ecco due simboli perfetti dell’Italia, il Paese delle cento città e dei mille campanili, dove una posizione di privilegio locale (ufficiale o meno, non importa) si dimostra molto più potente di ogni potere centrale, come racconta il presidente emerito della Corte costituzionale (e grande appassionato di lirica) Sabino Cassese.L’opera racconta anche la politica, in modo diretto. Ma spesso lo fa anche indirettamente, nel momento in cui è la politica stessa a tentare un’operazione vecchia come il melodramma: appropriarsene per ragioni di consenso, come ricorda (archivi del nostro quotidiano alla mano) la vicedirettrice del Corriere Fiorenza Sarzanini.